UNCENTERED PHOTOGRAPHY #1

Uncentered Photography #1
Le visione fotografica del paesaggio di Roma, tra margine e  identità urbana

a cura di Giorgio Sacher

 

Intervengono: Manuela Fugenzi, Massimo Siragusa, Giulio Ielardi, Liliana Ranalletta, Ersilia Tarullo, Giovanna Netti, Olivia Brighi, Irene Starita, Leonardo Petrucci, Maria Giulia Trombini

Nel corso dell’incontro verrà presentato in anteprima il volume di G. Ielardi, GRA (Phaos Edizioni).

 

a seguire, alle ore 17, Photogallery Uncentered Photography #1

Massimo Siragusa
Urban Jungle. Il nuovo piano verde di Roma

Un progetto work in progress commissionato dal Museo delle periferie in anteprima a Iper Festival 023 Una serie articolata di interventi, definiti dal Dipartimento Ambiente capitolino, che stanno già interessando i singoli territori ma anche ville e giardini. Si tratta di 61 diverse azioni, che nel 2023 arriveranno a compimento grazie ad un investimento complessivo di circa 69 milioni di euro. L’obiettivo è di realizzare l’Anello Verde, una rete naturalistica e ambientale che riconnette la città con il paesaggio e i suoi spazi pubblici attraverso i nodi dell’anello ferroviario e che va dalla Riserva Naturale della Valle dell’Aniene al Parco dell’Appia Antica passando dai parchi Casilino, Tiburtino, Centocelle, Serenissima, per uno sviluppo sostenibile del territorio. Un cambio di paradigma sul ruolo degli spazi: da “vuoti” urbani in attesa del “riempimento” edilizio a luoghi di creazione di valore ambientale, funzionale, economico.

Massimo Siragusa, docente allo IED di Roma dove coordina anche due corsi di formazione continua, è fotografo e direttore editoriale della Phaos Edizioni. Le sue fotografie si trovano nelle collezioni permanenti dei Musei Vaticani, della Galleria di Arte Moderna e Contemporanea di Roma, del Mart di Rovereto e del Museo di Roma in Trastevere, e sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste internazionali. Ha collaborato con numerose Istituzioni Pubbliche e Fondazioni private con progetti editoriali ed espositivi e, con i suoi lavori di corporate, ha raccontato l’identità di molte delle più prestigiose aziende italiane.  È autore di dodici libri e ha vinto quattro World Press Photo Awards e tre Sony Awards. Vive tra Roma e Catania.

 

Giulio Ielardi
GRA

GRA è l’autostrada A90, meglio nota come Grande Raccordo Anulare, che circonda la città di Roma. Un anello a sei corsie – tre per senso di marcia – lungo quasi settanta chilometri con trentatré uscite, gallerie, ponti, svincoli, complanari. Centocinquantamila veicoli al giorno a percorrerlo. Completato nel 1970 ma in eterna trasformazione, oggi il GRA è parte della vita quotidiana dei romani assai più del centro storico e dei suoi monumenti famosi in tutto il mondo.⁠ Il paesaggio attraversato, disegnato, creato dal GRA non è facilmente descrivibile. Né città né campagna, nel suo circolare svolgersi accosta falansteri di periferia e tesori archeologici, centri commerciali e tenute agricole, rivendite di lampadari e carrozzerie, terminal di bus e luoghi di culto.⁠ Lungo il plurimo cordone d’asfalto si genera e propaga un orizzonte artificiale di cartelli e indicatori lampioni tralicci scritte stazioni di servizio guard-rail pannelli antirumore frecce antenne SOS. Sopra, sotto e tutt’intorno, prati insperati e filari di pilastri in cemento armato a sostenere i viadotti e i tunnel, realtà aumentata per motociclisti e street artist, greggi e cosplayer.⁠ Visioni e rumori che quasi non conoscono sosta. Un mondo rutilante, una Roma di avvenire e di macerie piena di energia come forse nessuna.⁠ Percorso migliaia di volte, il GRA non l’abbiamo mai visto.⁠

Giulio Ielardi
è nato a Roma nel 1965. Come fotografo e giornalista è autore di una trentina di volumi su parchi, natura, cultura, turismo nonché di mostre divulgative, campagne d’opinione, siti web, materiali istituzionali per associazioni, Regioni e ministeri. Conduce corsi, workshops e viaggi di fotografia in Italia e all’estero. Negli anni Novanta ha curato con Mario Fazio la rivista nazionale dell’associazione Italia Nostra. Ha pubblicato su molte testate, da “Airone” a “L’Espresso”, da “Avvenimenti” a “Il Sole 24 Ore”. Dal 2013 al 2015 ha diretto “Asferico”, rivista dell’Associazione italiana fotografi naturalisti. Nel 2021 ha percorso a piedi la via Appia da Roma a Brindisi e il progetto ha prodotto una mostra per il ministero della Cultura, “Still Appia”, esposta per sei mesi a Roma e adesso a Venosa.

 

Mohamed Keita
Guardo Riguardo

Queste fotografie sono state realizzate nel corso delle passeggiate che l’autore compie alla scoperta della città di Roma e dei suoi abitanti. “Questo è lavoro su Roma – dice Keità – perché per me l’architettura di una città sono le persone che la abitano”.

Mohamed Keita nato in Costa d’Avorio nel 1993, fugge dal suo paese all’età di quattordici anni a causa della guerra civile. Inizia un viaggio di tre anni attraverso Guinea, Mali, Algeria, Libia e Malta per poi arrivare in Italia nel 2010 all’età di diciassette anni. Giunto nella Capitale, si trova  costretto a dormire in strada, nei pressi della Stazione Termini, fino a quando non viene accolto in un centro giovanile per rifugiati, Civico Zero. Lì, Keita  impara l’italiano, mentre lavora come facchino in un hotel. Grazie a Civico Zero, che gli ha donato la prima macchinetta fotografica, ha scoperto di avere una vocazione innata per la fotografia e ha iniziato a frequentare vari corsi, iscrivendosi alla scuola di fotografia Exusphoto prima e all’Istituto di Cinema e TV Roberto Rossellini poi. La sua carriera artistica è iniziata precocemente, esponendo in diverse mostre, personali e collettive,  al Museo Pecci di Prato, al Photolux Festival di Lucca e al 13° Festival Internazionale di Fotografia di Roma. Ha vinto numerosi premi, tra i quali: il “young/old photographer” al Festival PhC- CapalbioFotografia nel 2015, il premio del progetto SUFA (Stand Up For Africa) nel 2019 o il premio come miglior fotografo per l’Universities Network for Children in Armed Conflict nel 2021. Nel 2017 Keita è tornato in Mali per costruire un laboratorio di fotografia, Studio Kene, per i giovani che vivono nella periferia di Bamako, un sogno checustodiva da tempo. Da allora alterna la sua vita tra il Mali, dove continua a seguire ed insegnare fotografia ai giovani di Kanadjiguila, e Roma.

Liliana Ranalletta
“Ponte Di Nona. Mejo de gnente”

“Meglio che niente” è il nome della strada che mi ha portato ad analizzare questo quartiere uguale a tanti altri costruiti senza servizi, senza collegamenti viari, senza luoghi di socialità, senza nessuna manutenzione. “Meglio che niente” … o “Mejo de gnente”, per dirla alla romana, con quel caratteristico piglio di sarcasmo carico di amarezza, da pronunciare con un mezzo sorriso stretto tra i denti.
“Mejo de gnente”, ironia toponomastica che si fa presto metafora delle solite aspettative deluse, consapevolezza di ciò che potrebbe e non sarà mai. Eppure inizialmente si rimane abbagliati da quelle case colorate, arancione e blu, che sembrano sprizzare allegria ma che subito lasciano spazio ad un vuoto senso di spaesamento di fronte a strade interrotte e non ancora asfaltate, cantieri abbandonati, recinti di acciaio che circondano le palazzine invendute. Sono i “non luoghi” di un territorio alieno, ad offrirsi come soggetto principale di questo reportage: gli spazi privi di identità in cui è impossibile riconoscersi e riflettersi, il teatro di una urbanizzazione che non ha saputo o voluto creare le forme e i luoghi di una socialità vera e concreta.  La storia è sempre la stessa che si ripete da decenni a Roma e in molte altre città d’Italia: pezzi di cemento e asfalto rubati alle campagne romane per arricchire costruttori, architetti e amministratori incuranti delle conseguenze sul tessuto sociale della città ed incuranti soprattutto di disattendere le aspettative di qualità della vita dei cittadini che hanno il diritto di vivere degnamente i propri luoghi ed i propri spazi.


Liliana Ranalletta
Laureata in Lettere Moderne, ha studiato fotografia a Roma con professionisti di fama internazionale. Street photographer per vocazione ha esplorato, prima di affrontare questa specifica disciplina, diversi tipi di fotografia passando dalla macrofotografia alla fotografia sociale producendo, in questi campi, lavori che hanno contribuito ad accrescere le sue capacità di osservazione oltre che essere oggetto di attenzione di giurie di premi nazionali e internazionali. Al centro della sua ricerca la “vita di strada” che negli anni ha generato un corpo di immagini ed esperienze incentrate sul rapporto tra gli spazi della metropoli e le persone che vi abitano. Architettura, studio del territorio, ma soprattutto l’uomo sono i temi che caratterizzano i suoi scatti. Negli ultimi anni oltre ad aggiudicarsi diversi premi in concorsi internazionali ha dato alla luce due libri: “The fabolous destiny of Dainaly” curato dalla photoeditor Irene Alison e “I sogni li spendo per strada” curato dal fotografo Dario Coletti.

 

Allievi e allieve dell’ISFCI: Olivia Brighi, Giovanna Netti, Leonardo Petrucci, Irene Starita, Ersilia Tarullo, Maria Giulia Trombini.

Progetto a cura di Dario Coletti e Manuela Fugenzi 

Margini non marginali, scenari da terzo millennio, conflittuali ma vivi e creativi, crescono in tutto il mondo attorno ai centri storici delle grandi città divenute metropoli. Il caso italiano mostra i nostri gioielli urbani in conflitto tra valorizzazione culturale e fruizione turistica di massa, con il conseguente allontanamento dei suoi abitanti originari, mentre nuove funzioni e nuovi significati riempiono i luoghi di destinazione dell’esodo degli sfollati della gentrificazione. Nel caso di Roma, città multietnica sin dalle origini, dal fulcro di un centro storico di enormi dimensioni e identità radicate, la migrazione metropolitana nel tempo ha popolato nuclei periferici a macchia di leopardo, le cui caratteristiche culturali e peculiarità sono state plasmate dalla storia della loro urbanizzazione. Più recentemente una nuova immigrazione, siano essi stranieri o giovani generazioni, attratta dalla necessità o dalla sfida di costruire in periferia un nuovo progetto di vita, ne determina tensioni sociali ma anche impreviste vivacità e multiformità. Gli sguardi di sei giovani fotografi selezionati all’ISFCI – Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata, frequentando le lezioni di visual storytelling di Dario Coletti, si sono formati sul campo e sui grandi esempi di una fotografia del paesaggio urbano che in Italia ha traghettato la visione neorealista verso una fotografia della contemporaneità più consapevole e ricettiva. Ci offrono tasselli di traiettorie personali in un viaggio collettivo attraverso cui misurare, indagare, esprimere e quindi generare riflessioni sulla realtà in divenire dei nostri margini.
Dario Coletti (Roma 1959), giornalista dal 1990 e fotografo documentarista e umanista, è impegnato nell’analisi del rapporto tra uomo, territorio e patrimonio naturale in molteplici progetti editoriali ed espositivi indipendenti o frutto della collaborazione con istituzioni e organizzazioni umanitarie. Il suo lavoro trentennalee sulla Sardegna è riconosciuto tra i più autorevoli della fotografia contemporanea. All’attività di fotografo accompagna quella di formatore all’interno del percorso di storytelling dell’ISFCI e ne coordina assieme alla photoeditor Manuela Fugenzi la Scuola di Fotogiornalismo.

Manuela Fugenzi (Roma, 1959) è curatore indipendente, consulente iconografico e giornalista photo editor nell’editoria libraria e periodica dalla metà degli anni Ottanta e più recentemente nella comunicazione multimediale museale. Collabora alla progettazione di iniziative editoriali ed espositive, pubblica saggi di taglio storico e critico e svolge attiità didattiche. Attualmente è docente di fotografia all’Università Roma Tre e coordina la Scuola di Fotogiornalismo dell’ISFCI con Dario Coletti.

ISFCI:

Olivia Brighi
Un David di Donatello e una Venere di Milo decorano l’ex questura del quartiere, occupata a scopo abitativo. Provenienti dalla Palestra Popolare del Quarticciolo si sentono respiri e colpi di guantoni: è il giorno dei match e la gente si affaccia e si riversa attorno alle transenne. É il turno di Broncio, sarà lui a vincere per K.O. Piove e alla fine di ogni ripresa tutti cercano come possono di asciugare il ring, così che Milos possa esibirsi. Vince anche lui e i match si interrompono per il maltempo. La sua vittoria è motivo d’orgoglio e speranza di riscatto.

Olivia Brighi
 (Roma, 1998) nel 2021 conclude il suo percorso di studi all’ISFCI appassionandosi alla fotografia autoriale, sentita come strumento per analizzare le problematiche sociali con cui entra in contatto e provocare una riflessione in chi guarda. Nel 2021 partecipa alla seconda edizione di Garbatella Images, con la direzione artistica di Francesco Zizola e a cura di Francesco Rombaldi e Sara Alberani.
Giovanna Netti
Disincanto è un racconto poetico su Corviale e i suoi giovani, che vivono in questo km di cemento nato come progetto di utilità sociale e definito oggi emblema della città sbagliata. Disincanto è una scritta sui muri del serpentone, visione realistica e quasi monotona della quotidianità degli adolescenti che lo popolano. Bravo a raccontare dei giovani e dei loro sentimenti contrastanti era anche Gabriele Galloni con le sue poesie realistiche e incomparabili, che in questo progetto accompagnano le foto.

Giovanna Netti
 (Putignano, 1998) è diplomata in grafica e vive oggi a Roma, dove nel 2021 ha concluso il corso triennale all’ISFCI. La sua ricerca artistica si muove dal racconto del corpo all’analisi di situazioni personali, a racconti di strade di periferia.
Leonardo Petrucci
La seconda generazione della comunità bengalese di Torpignattara cresce secondo le regole dell’occidente all’esterno e del mondo arabo nel privato, divisa tra due culture. Mostrando la quotidianità del lavoro e nelle case, i luoghi e i volti protagonisti delle feste comunitarie come dei riti religiosi indù, o addentrandosi nelle moschee e nelle attività culturali delle scuole coraniche, questo progetto si misura con il tema dell’integrazione in quello che viene considerato il quartiere più rappresentativo ed esteso della muticulturalità romana.

Leonardo Petrucci
 (Roma, 1999), studente dell’ultimo anno della Triennale all’ISFCI, ha seguito il movimento studentesco romano, fotografando le manifestazioni e le assemblee. Attualmente lavora sui temi dell’integrazione e della multiculturalità a Roma, dove vive.
Irene Starita
Ho percorso le sette vie consolari a partire dal centro storico verso la periferia e poi la campagna romana, in una pratica quotidiana che prevedeva di scegliere casualmente un tragitto da attraversare, un intento da mettere in pratica. Per vivere con tutti i miei sensi questa esperienza e raccogliere ogni piccolo indizio che potesse svelarmi sottili misteri nella ricerca di storie e stili di vita.

Irene Starita
 (Roma, 1995) nel 2018 frequenta il master di fotografia documentaria alla Door Academy e nel 2021 consegue il diploma del corso triennale all’ISFCI. Nel 2021 viene selezionata dal Canon Student Development Programme e per la fellowship destinata a 4 studenti italiani dall’agenzia milanese Parallelozero. Attualmente si dedica a progetti personali e lavora come freelance tra Roma e Milano.
Ersilia Tarullo
Roma, l’Urbe simbolo del potere religioso, teatro di storia e museo d’arte, si è sempre caratterizzata come una metropoli caotica e rumorosa. Ogni sua immagine è metafora di un’alternanza di stati e sentimenti. Tensioni e allarmi continui sono gli ingredienti di una poesia metropolitana. Volti e angoli di strada rivelano nevrosi, smarrimento e paura del diverso; l’urlo strozzato di una società che subisce se stessa, il suo disperato tentativo di conservazione.

Ersilia Tarullo
 (Scanno, 1997) vive a Roma, dove lavora come freelance. Nel 2020 conclude il ciclo di studi triennale all’ISFCI e consegue il master in Fotogiornalismo nel 2022. Nel 2019 è selezionata dal Canon Student Development Programme, poi svolto durante la Professional Week del Visa Pour l’Image a Perpignan. Nel 2022 vince la sezione Fotografia del concorso poliartistico della Biennale MArteLive Italia. La sua ricerca di carattere intimista utilizza la fotografia come mezzo espressivo di indagine individuale.
Maria Giulia Trombini
C’è un lato di Roma che solo i suoi abitanti conoscono. E una crudezza mista a una calma polverosa. E una città orizzontale, sdraiata, ha qualcosa di profondamente materno e allo stesso tempo straordinariamente indifferente. Si ha la sensazione che tutto si muova e insieme rimanga identico a se stesso, e così ci si sente, come immersi in un fango fertile.

Maria Giulia Trombini 
(Bologna, 1992), è una fotografa freelance. Diplomata all’ISFCI, ha conseguito il master in Documentary Practice & Visual Journalism all’International Center of Photography. E’ stata selezionata per partecipare all’Eddie Adams Workshop XXXIV ed è una delle vincitrici del premio 2021. I suoi ultimi lavori sono stati pubblicati sul Washington Post, ha collaborato con The Post Internazionale come photo editor e fotografa e successivamente ha svolto uno stage a Johannesburg presso l’Agence France Presse. Attualmente collabora con l’Ong Sos Humanity impegnata nei soccorsi nel Mar Mediterraneo.

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