Nel mondo antico il confine identificava una linea di separazione netta tra realtà appartenenti al mondo noto, la frontiera la soglia tra conosciuto e ignoto, ordine e caos, civiltà e barbarie. Non una demarcazione statica, quindi, ma un’area geografica mo- bile e in continua evoluzione.
Nel mondo contemporaneo il patrimonio di competenze, abilità e attitudini culturali e sociali, rappresenta la frontiera del benessere e dell’inclusione nella nuova società globale della conoscenza. Una frontiera mobile e sempre in divenire per definizione, aperta ai molteplici processi di apprendimento, conoscenza, insegnamento formale e informale, cui si va incontro a cominciare dai primi anni di vita.
E tuttavia, in particolare nei territori più vulnerabili, spesso accade che –per una serie di ragioni che chiamano in causa le disparità economiche e sociali, l’offerta diseguale di servizi per la prima infanzia, la ricreazione e la cultura, e a volte la stessa offerta scolastica difforme da quartiere a quartiere, scuola e scuola – la frontiera educativa finisce per ripiegarsi su se stessa, diventando un muro anziché un ponte, un confine invalicabile anziché un’apertura verso il futuro, una periferia educativa, a volte un ghetto che rischia di uccidere sul nascere ogni speranza di riscatto sociale.
D’altra parte, è vero anche il contrario: proprio nelle aree più marginali si assiste spesso a esperienze di resistenza e innovazione che nobilitano la sfida educativa e ne mo- strano l’insostituibile valore di presidio della democrazia.
A cura di Giulio Cederna e Danilo Chirico
Fotografia di Sabrina Varani
Collaborazione al progetto Agostino Ferrente
Con la partecipazione di Maestri e Educatori di Roma che si Raccontano